Focus
-Passaporto Digitale di Prodotto in pratica: il caso del fashion
Tra le numerose aziende che nei prossimi anni dovranno dotarsi di uno o più Passaporti Digitali di Prodotto (o DPP, Digital Product Passport) quelle operative nel settore “fashion” sono già attivamente impegnate nella raccolta dati e sviluppo dei primi applicativi di questo nuovo, essenziale strumento. Il motivo? Migliorare la propria immagine e posizionamento nei confronti dei consumatori, ma soprattutto rispondere a nuove normative – come quelle recentemente approvate in Francia – in termini di tracciabilità, trasparenza e accessibilità per le quali il “DPP” si sta dimostrando uno strumento utile, efficace e completo.
Il Passaporto Digitale di Prodotto per rispondere ai nuovi obblighi normativi in termini di trasparenza e tracciabilità
Se è ancora presto per dire in che misura l’iniziativa francese potrà essere seguita da altre iniziative e leggi analoghe negli altri Paesi, nondimeno essa ha già avuto come effetto quello di costringere le più importanti aziende del settore della moda ad anticipare i tempi. Il DPP, infatti, si presenta come una raccolta strutturata di dati per fornire un unico punto di accesso elettronico per tutte le informazioni relative alla sostenibilità, circolarità, riutilizzo, ricondizionabilità, riciclaggio dei prodotti ai consumatori, alle aziende, alle autorità che ne fanno richiesta, rispondendo in questo modo ai requisiti previsti dalle nuove normative.
L’adozione preventiva di uno strumento come il DPP dota inoltre l’azienda di un sistema di tracciabilità e trasparenza lungo tutte le linee del processo produttivo, utile a difendersi dalla contraffazione, a mantenere il controllo sul mercato dei pezzi di ricambio, a efficientare i processi e monitorare in tempo reale le proprie attività. Non si tratta, quindi, solo di una risposta obbligata a uno scenario normativo in rapida evoluzione, ma anche di un vero e proprio investimento per aumentare tracciabilità, trasparenza e controllo delle proprie filiere produttive, anche nell’ottica di massimizzare i ricavi da rivendita, riciclo e riparabilità dei beni.
Per quanto riguarda, nello specifico, il settore della moda, il DPP permette di valorizzare la sostenibilità e qualità di un singolo capo all’interno della supply chain lungo l’intera catena del valore, con ricadute positive in termini di marketing, posizionamento, test di mercato e innovazione per la filiera. La soluzione può inoltre essere agevolmente scalata su altri prodotti della medesima gamma, abilitando in questo modo la ricerca di innovazioni incrementali “ad hoc” e anticipando progressivamente tanto le richieste dei legislatori quanto quelle di un mercato sempre più attento alle tematiche della sostenibilità. In prospettiva, l’adozione anticipata del DPP può portare le aziende della moda a dotarsi di uno strumento operativo e funzionale in tempo utile per l’entrata in vigore di nuovi e più stringenti obblighi normativi.
L’applicazione del DPP nel settore della moda e il rischio di contraffazione o di sviluppo di strumenti incompleti dal punto di vista ingegneristico
L’implementazione del DPP, tuttavia, non è un processo lineare né immediato, soprattutto per le aziende meno strutturate. La complessità dello strumento, unita alla mancanza di una normativa in vigore, richiede una collaborazione tra aziende e professionisti specializzati in diversi ambiti e settori sotto un’unica regia: dalla tracciabilità alla user experience, dall’anticontraffazione all’aspetto più propriamente tecnico, al fine di rendere il Passaporto Digitale di Prodotto uno strumento completo in ogni sua parte.
La differenza tra un DPP funzionale alle esigenze di tutta l’azienda, e una versione semplificata utile unicamente a una sola funzione o obiettivo aziendale, risiede infatti nella capacità di integrare all’interno del medesimo strumento competenze, sensibilità e dati provenienti da fonte diverse, per non incorrere nel rischio di adottare uno strumento ottimale dal punto di vista della “customer experience” ma carente dal punto di vista ingegneristico, o viceversa.
Il Passaporto Digitale come strumento abilitante per l’economia circolare e responsabilizzazione degli stakeholder
Le tempistiche, in questo scenario, rimangono ancora oggi la variabile principale: se da qui ai prossimi anni l’adozione del “DPP” porterà a un ritorno immediato dal punto di vista del branding, del posizionamento, e dell’adeguamento a normative di alcuni Paesi pionieristici, entro i prossimi cinque anni questo diventerà una conditio sine qua per poter accedere ai mercati europei, a cominciare proprio dalla Francia. Infine, in un mondo dove la spinta verso l’economia circolare sta sopravanzando le ultime resistenze e consuetudini proprie del modello lineare, il “DPP” diventa uno strumento abilitante per le filiere di riuso, riciclo e creazione di mercati dell’usato, oltre a essere uno strumento di ingaggio e responsabilizzazione di tutti i principali stakeholder. A condizione di farlo a regola d’arte.